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WP 2.6 Proiezioni future su risorse idriche ed ecosistemi montani

Per la corretta stima degli impatti e dei rischi associati ai cambiamenti climatici e ambientali, è necessario simulare come le variazioni meteo-climatiche previste dai modelli climatici (WP2.5) si riflettono nei cambiamenti dei "sistemi a terra", siano essi risorse idriche superficiali o sotterranee, risorse criosferiche, o ecosistemi naturali. Le proiezioni si basano sullo sviluppo e implementazione di modelli deterministici ("di processo") o empirici della risposta della risorsa in questione, forzati dalle proiezioni climatiche attese in base a scenari di emissioni future (ad esempio i “Representative Concentration Pathways”, RCP, definiti dall’IPCC). In questo modo, risulta possibile fornire stime dei possibili cambiamenti dei servizi ambientali (idrici, ecosistemici) forniti dalle regioni montane in seguito ai cambiamenti globali in corso.

Questo WP è dedicato allo sviluppo, implementazione e uso di modelli deterministici e/o empirici per le seguenti tipologie di servizi ambientali:

Task 1. Risorse idriche

1. Modelli di risposta dei ghiacciai alpini (Minimal Glacier Models, Flowline models, modelli empirici, utilizzando le informazioni provenienti dai WP1.1 e WP1.6)

Attività svolte

I Minimal Glacier Models (MGM) sono metodi efficaci di stima della risposta dei ghiacciai alla variabilità e ai cambiamenti del clima. L’approccio prevede una parametrizzazione della dinamica glaciale, utilizzando solo la lunghezza media del ghiacciaio in funzione del tempo come parametro dinamico. Questo tipo di modello prova a ridurre la complessità della dinamica glaciale utilizzando una descrizione molto semplice e basica delle leggi fisiche. Per modellare le condizioni climatiche future, è stato utilizzato il NASA Earth Exchange Global Daily Downscaled Projections (NEX-GDDP) dataset, ottenuto effettuando il downscaling delle proiezioni climatiche dei modelli globali dell’ultimo Coupled Model Intercomparison Project Phase 5 (CMIP5) utilizzando due scenari di emissioni future (RCP 4.5 e RCP 8.5). La risoluzione spaziale del dataset è di 0.25° (~25 km x 25 km). Ogni proiezione prevede un Retrospective Run, dal 1950 al 2009 ed un Prospective Run dal 2006 al 2099.

Risultati ottenuti

Dal NEX-GDDP sono stati processati ed auto-scalati 20 differenti modelli per 2 scenari e per 34 ghiacciai. Il modello MGM è stato incluso all’interno di un ambiente GIS per meglio comprendere, valutare e riprodurre la risposta dei ghiacciai ai cambiamenti climatici. E’ stato quindi costruito un modello chiamato r.glacio.model e descritto in Strigaro et al, 2015. Il modulo è stato testato e validato utilizzando differenti tipi di ghiacciai ed è stato rilasciato come addon di GRASS sotto GNU General Public  License (≥ v.2).

2. Modelli deterministici dettagliati di manto nevoso in siti campione (utilizzando le informazioni provenienti dai WP1.1 e WP1.6)

Attività svolte

I modelli di neve attualmente disponibili coprono una vasta gamma di complessità e, in genere, maggiore è la complessità del modello, maggiori sono il numero di variabili richieste in input ed i costi computazionali. Tra le principali sfide per la ricerca sulla modellazione della criosfera vi sono: i) la quantificazione della complessità minima del modello necessaria per stimare accuratamente la dinamica del manto nevoso in aree montane e ii) una valutazione di come l’errore associato alle variabili meteorologiche utilizzate per forzare i modelli influenzi la qualità delle simulazioni. Quest'ultimo aspetto è particolarmente cruciale negli ambienti montani, dove la variabilità dei parametri meteorologici è elevata sia nello spazio che nel tempo. Nel nostro studio abbiamo considerato cinque modelli di neve di diversa complessità, dai più sofisticati modelli multistrato ai semplici modelli a strato singolo, e valutato la loro capacità di riprodurre l'evoluzione temporale di snow water equivalent, densità della neve ed altezza della neve al suolo, nel sito sperimentale di Torgnon, 2160 m a.s.l. nelle Alpi occidentali occidentali, per il quale sono disponibili dati di elevata qualità sia per forzare i modelli che per validarli. Successivamente, abbiamo forzato i modelli con dati di accuratezza/risoluzione temporale gradualmente decrescenti, ottenuti dall'interpolazione spaziale delle misure delle stazioni vicine e da tre rianalisi globali (ERA-Interim, ERA5 e GLDAS) nel punto-griglia più vicino alla stazione di Torgnon.

Risultati ottenuti

Questo studio fornisce informazioni sulla sensibilità dei modelli di neve all’accuratezza delle forzanti, ed esplora la possibilità di guidare i modelli con dati a ridotta risoluzione spaziale e/o temporale, come quelli da interpolazione delle stazioni vicine e da rianalisi, tipicamente gli unici disponibili in aree montuose remote. Vengono inoltre fornite linee guida e possibili compromessi tra complessità del modello e la sua accuratezza per diverse tipologie di forzanti, con la prospettiva di utilizzare i modelli più performanti per simulare l’evoluzione del manto nevoso ad elevata risoluzione spaziale sia nel passato che nel futuro.

3. Modelli di riposta idrologica superficiale mediante approcci semi-distribuiti in siti campione (utilizzando le informazioni fornite dai WP1.1 e WP1.2)

Attività svolte

Una rete di monitoraggio capace di rappresentare in modo adeguato la variabilità spazio-temporale delle principali grandezze idro-meteorologiche nei bacini idrografici è fondamentale per comprendere il processo di formazione del deflusso superficiale e, quindi, per indirizzare la gestione della risorsa idrica e le attività di mitigazione del rischio idraulico. In tale contesto, l’attività principale del progetto Database Idrologico Bacini Appenninici (DIBA) ha riguardato lo sviluppo di un database idro-meteorologico, come componente del ‘Network of Excellence’ per il monitoraggio delle aree montuose, che raccoglie in un ambiente WEB-GIS i dati di numerose stazioni di due bacini appenninici: il Fiume Magra (1698 km2) in Italia nord-occidentale; l’Alto Fiume Chiascio (460 km2) in Italia centrale. Inoltre, sono stati condotti studi finalizzati alla valutazione dell’adeguatezza della rete di monitoraggio esistente, alla modellazione idrologica in continuo dei due bacini di studio, alla valutazione dell’impatto dei cambiamenti climatici sul regime delle onde di piena e al rilievo post-evento di piene rapide.   

In aggiunta a questo, la mancanza di informazioni sugli effetti del clima e dei cambiamenti ambientali sulla frequenza e l'intensità delle frane pone un severo problema nelle zone di montagna, dove i cambiamenti climatici e ambientali, naturali e causati dall'uomo, possono alterare significativamente la frequenza e l'intensità dei processi di versante. Le serie temporali a lungo termine della deformazione della superficie del suolo rappresentano un'importante informazione per analizzare eventuali cambiamenti della deformazione del suolo associati alle variabili meteorologiche e climatiche nel tempo. In questo contesto, l'attività principale sviluppata durante il progetto è stata indirizzata alla raccolta di serie temporali di deformazione del terreno ottenute mediante tecniche di monitoraggio in-situ e telerilevamento. Il lavoro si è concentrato su alcune aree di studio, distribuite nel territorio delle Alpi e dell'Appennino, tra cui: i) due siti di test nel territorio alpino, le frane di Gardiola e Grange Orgiera (Piemonte); ii) due siti di test nel territorio appenninico, Montaldo di Cosola (Piemonte) e Ivancich Frane (Umbria); e iii) il territorio della regione Valle d'Aosta.

Risultati ottenuti

Il database DIBA è stato realizzato e raccoglie le serie temporali di dati idro-meteorologici di due bacini appenninici (Alto Fiume Chiascio e Fiume Magra). Le serie temporali registrate da 66 stazioni pluviometriche, 63 stazioni termometriche, 8 stazioni idrometriche, 3 stazioni meteorologiche e una stazione per la misura del contenuto d’acqua sono presenti, consultabili in ambiente WEB-GIS e scaricabili. Inoltre, il database raccoglie i dati di pioggia da satellite e le mappe tematiche per le due aree, insieme agli scenari climatici di diversi Global Circulation Models e le misure eseguite durante campagne di monitoraggio di contenuto d’acqua e velocità della corrente nei fiumi. Il progetto ha inoltre prodotto i seguenti risultati: 1) valutazione dell’adeguatezza delle reti di monitoraggio; 2) messa a punto di una modellistica idrologica; 3) analisi dell’impatti dei cambiamenti climatici sulle piene; 4) rilievi post-evento in caso di piena rapida.  

Per quanto riguarda il lavoro sulle frane, per ogni frana, sono state raccolte misure ottenute con tecniche di monitoraggio in-situ, tra cui Total Station, ricevitori GPS, estensimetri, inclinometri. Per la Gardiola e la Grange Orgiera sono state raccolte le misure di frana fornite da una rete di monitoraggio permanente dal 2004, costituita da una rete topografica con una stazione totale robotica (LEICA 2003 con riconoscimento automatico dei bersagli ATR). Per le frane di Montaldo di Cosola e di Ivancich sono state raccolte misure di serie temporali di deformazione fornite da inclinometri. Per la frana di Ivancich sono state raccolte anche tutte le misure disponibili delle serie temporali di deformazione del terreno fornite da immagini SAR. Inoltre, per due settori specifici della regione Valle d'Aosta, sono state elaborate nuove mappe di velocità e serie temporali di deformazione del terreno utilizzando il G-POD di Grid Processing On-Demand dell'ESA. In particolare, l'analisi si è concentrata su rock glaciers, che occupano circa il 2% del territorio regionale e rappresentano una diffusa morfologia periglaciale nella regione.

4. Modelli di risposta degli acquiferi sotterranei in siti campione con modelli deterministici e a scala regionale con modelli semi-empirici, in collaborazione con Aziende di gestione idrica (utilizzando le informazioni fornite dai WP1.1 e WP1.2)

Attività svolte

Sono stati prodotti modelli numerici di flusso e quantità idriche per tre principali sistemi acquiferi Italiani, rispettivamente sviluppati in Appennino centrale e settentrionale e nelle Alpi occidentali. Diversi approcci sono stati adottati in conseguenza delle caratteristiche idrogeologiche ed idrodinamiche dei sistemi in esame. Per l’acquifero pedemontano dell’area alpina occidentale è stato implementato e calibrato un modello fisicamente basato, quantificando i diversi termini del bilancio delle acque sotterranee nello spazio, nonché la loro evoluzione nel tempo. Viceversa, mediante un approccio statistico sono stati elaborati modelli di regressione al fine di riprodurre l'evoluzione delle portate di due sorgenti importanti (portate medie di oltre 400 L/s), alimentate rispettivamente dalle falde acquifere delle Apuane (Appennino settentrionale) e del Monte. Amiata (Appennino centrale).

Risultati ottenuti

Il modello di flusso fisicamente basato è stato calibrato in stato transitorio rispetto all'evoluzione dei livelli piezometrici di alcuni pozzi target, nel periodo 2010-2015. I risultati indicano una buona affidabilità del modello, come suggerito dai parametri statistici con valori residui medi di 0,221 m, un errore standard di 0,208 e un coefficiente di correlazione di 1, tra livelli piezometrici osservati e modellizzati. Il quadro generale del reticolo di flusso delle acque sotterranee riprodotto dal modello è congruente con il quadro osservato sperimentalmente, così come il bilancio di massa conferma che l'input principale al sistema è dovuto alle infiltrazioni dai fiumi, ai trasferimenti di acque sotterranee originate nelle zone montane e all’infiltrazione diffusa di acque di precipitazione locale. Le uscite sono rappresentate dai prelievi da pozzi e dal drenaggio fluviale nella zona posta a quote più basse.

Per quanto riguarda i modelli empirici, per mezzo di elaborazioni statistiche sono stati realizzati modelli di regressione che relazionano le portate sorgive ai parametri idroclimatici (ad esempio precipitazioni, temperatura, evapotraspirazione effettiva e piogge effettive o disponibilità di acqua). Entrambi i modelli, riferiti rispettivamente all’acquifero vulcanico del Mt. Amiata e all’acquifero carsico delle Alpi Apuane, riproducono piuttosto fedelmente l’andamento delle portate sperimentali, anche se per il secondo sistema il modello tende a sovrastimare la portata durante i periodi siccitosi.

Task 2. Ecosistemi e biodiversità

1. Modelli empirici di risposta della biodiversità animale montana ai cambiamenti climatici e ambientali (utilizzando le informazioni fornite dai WP1.1 e WP1.7)

Attività svolte

Comprendere i pattern di distribuzione che più gruppi tassonomici (Coleoptera Carabidae, Coleoptera Staphylinidae, Araneae, Hymenoptera Formicidae, Lepidoptera Rhopaocera, Orthoptera, Aves), caratterizzati da differenti ruoli funzionali, mostrano lungo il gradiente altitudinale è importante per avere una più chiara idea di come gli ecosistemi montani potrebbero rispondere ai cambiamenti ambientali e climatici.

In tale contesto, ci siamo focalizzati in particolare su:

- analizzare lo stato attuale della biodiversità e i suoi cambiamenti temporali lungo il gradiente altitudinale, utilizzando farfalle e uccelli come gruppo target;

- effettuare previsioni sulla biodiversità, in seguito all'applicazione di scenari di cambiamento ambientale;

- quantificare la diversità funzionale (FD) che rappresenta una delle misurazioni che meglio spiegano il legame esistente tra biodiversità e processi ecosistemici.

Risultati ottenuti

Il confronto tra le due stagioni di monitoraggio (2006-2008 vs 2012-2013) ha mostrato cambiamenti inattesi (soprattutto per le farfalle), considerando il breve intervallo temporale trascorso (solo cinque anni) e la stabilità ambientale potenzialmente garantita dallo status di area protetta dei siti di campionamento. In particolare, abbiamo osservato un aumento nell'area di distribuzione della maggior parte delle specie di farfalle e nella ricchezza specifica. L'entità del cambiamento è risultata differire non soltanto tra le specie ma anche tra i gruppi ecologici.

I modelli di distribuzione delle specie hanno consentito di stimare l'effetto di un moderato incremento di temperatura sulla distribuzione multi-tassonomica. I risultati hanno indicato lievi cambiamenti nei pattern generali, ma risposte differenti in base all'habitat e al grado di specializzazione. I cambiamenti in ricchezza specifica sono risultati essere più pronunciati nell'orizzonte alpino e per le specie vulnerabili. La composizione di comunità ha mostrato un cambiamento significativo, ma è rimasta la separazione tra gli orizzonti vegetazionali.

Per quanto riguarda FD, abbiamo effettuato un'analisi esplorativa per verificare se fosse fattibile creare un database funzionale in ambiente montano e per valutare se questo potesse diventare uno strumento pratico e sensibile per predire le risposte delle cenosi ai cambiamenti ambientali. Abbiamo però riscontrato alcune difficoltà nel definire le caratteristiche ecologiche e di life-history per le specie endemiche alpine o specializzate agli ambienti di alta quota.

2. Modelli empirici di dinamica di popolazione per specie animali caratteristiche (utilizzando le informazioni provenienti dai WP1.1, WP1.6 e WP1.7)

3. Modelli deterministici dei flussi di acqua e carbonio fra suolo, vegetazione e atmosfera in siti montani (utilizzando le informazioni provenienti dai WP1.1, WP1.2 e WP1.7)

4. Modelli deterministici e di processo della dinamica degli ecosistemi dei laghi montani d'alta quota (utilizzando le informazioni provenienti dai WP1.1, WP1.6 e WP1.7)

5. Modelli di distribuzione di specie campione nelle aree montane italiane (utilizzando le informazioni provenienti dai WP1.1, WP1.6 e WP1.7)

Attività svolte

Gli inventari sulla biodiversità sono spesso utilizzati per tracciare traiettorie di biodiversità a lungo termine e rappresentano anche una fonte di informazioni per i confronti di serie temporali.  A tal proposito è stato creato un database relativo alla fauna italiana che riguarda più di 550.000 segnalazioni di circa 10.000 taxa.

Inoltre è stato creato un database sulle abitudini alimentari del barbagianni (Tyto alba) in tutta Italia. Poiché la dieta dei predatori è influenzata dalle condizioni locali (ad esempio caratteristiche di habitat e microhabitat, stagionalità, disponibilità delle prede) è possibile che queste tendano a cambiare nel tempo.
Il database include dati raccolti negli ultimi 40 anni e sono utili per modellare la ricchezza delle piccole comunità di mammiferi.

Risultati ottenuti

Un database sulla distribuzione della fauna italiana è stato implementato e integrato con la ricostruzione ad alta risoluzione della temperatura mensile e delle precipitazioni per ogni località da cui proviene ogni esemplare. L'elaborazione di questo database è ancora in corso.
Le serie temporali di raccolta dati sull’alimentazione del barbagianni sono correlate a distinti indici di diversità tassonomica. La diversità delle specie è diminuita significativamente nel corso degli anni e anche l'equiripartizione è diminuita significativamente nel tempo.